Cerca nel blog

mercoledì 13 luglio 2011

cessi complici

Il farmacista mi incartò la siringa
e io scesi per i sottopassaggi
c’era un cesso abbandonato
e poi ristrutturato da un ex maresciallo dell’arma
chissà perchè finito in un cesso
lo gestiva con la sua signora
con le nostre pere
e con la sua tolleranza
pochi spiccioli per molti tossici un piatto a tavola lo metti
merda o sangue che ci trovavi era di tossico
era ancora più tossico
gli altri preferivano i cessi pubblici della stazione per cagare
li trovavano più sicuri
fin quando non venivano chiusi
e qualche altro disperato li privatizzava
e effettivamente erano più sicuri
non tanto per i tossici in sé
quelli erano innocui
ma per la violenza dello spettacolo che ti sfregiava la vista
questo cesso si trovava in un cunicolo ormai inutile da percorre
ma per arrivare a quel cesso dovevi percorrere tutto il cunicolo
un oscar all’horror
in molti non avevano gli spiccioli per la complicità del cesso
e i soli averi che possedevano se li iniettavano lì sul posto
accovacciati quasi in preghiera in quell’oscuro cunicolo
braccia sanguinanti
cartacce insanguinate
corpi senza conoscenza
vomito da conoscenza
vomito d’astinenza
vomito di vita
vomitati dalla vita
vite stramazzate al suolo
esauste
dormienti
finalmente pacificate
residui di vita che gli passavano sopra senza più stupore
occhi fissi
occhi chiusi
occhi sbarrati
occhi fuori dalle orbite
orbite private di occhi
occhi vuoti a spiare ogni angolo di buio
odore di morte e di chiuso
odore di piscio
di sangue raggrumito
odore di stazione
odore da capolinea
respiro di lama affilata
affanno per respirare
assenza d’altro
neanche un tintinnio di manette si ricordava di noi in quel posto
contagiosi per ogni istituzione
vuoto nel vuoto
vuoto nelle pance
vuoto negli sguardi
abbandonati a divorarci tra di noi
carne per arene
aghi senza un attimo di tregua
scartare di siringhe instancabile
siringhe usate ovunque guardassi
per terra
nelle braccia
nelle gambe
nelle mani
nei piedi
nel collo
nel cazzo
erezioni forti di disperazioni
erezioni solo per tendere la vena
l’ultima rimasta
topi che frugavano tra le nostre siringhe
mosche che mangiavano la nostra merda
moscerini che giravano intorno a se stessi
come noi giravamo intorno a noi stessi
cera di lumini per camposanti
spettri di falene in cerca di luce per bruciarsi
camposanto senza santi
falene senza luce
siringhe nient’altro che siringhe
e a differenza di come la raccontano
non c’erano bagordi
ma un gran silenzio
non ho mai più visto centinaia di persone stare insieme senza parlare
un silenzio di consapevole agonia
di abbandono
di sconfitta
mura ammuffite
graffiti sbiaditi
crepe come ferite
buchi come ripostigli per siringhe
per ritrovarle in caso di un domani
bottiglie d’acqua sporca di sangue
a lavare altre siringhe da altro sangue
virus trasferiti da sangue in sangue
acqua appantanata sotto i piedi
fogne ostruite
speranza ostruita
soluzioni sbarrate
panni smessi
scarpe rotte
panni trovati
scarpe adattate
preservativi
assorbenti
sesso disperato
figli concepiti
aborti prenotati senza prenotazioni
overdose senza ambulanze
lebbrosari senza giaciglio
gironi infernali senza sommi poeti
ragazzi che compravano siringhe al supermercato
e poi le rivendevano in quel cunicolo
c’era sempre qualche grumo di sangue che otturava qualche ago
un modo utile e onesto per vivere la dipendenza
un dipendente deve guadagnarsela la dipendenza
l’alternativa è l’astinenza
quelli che chiedevano soldi
quelli già fatti che chiedevano sigarette
quelle che facevano marchette con il farmacista
per dosi di morfina
quelli che avrebbero fatto marchette
ma non avevano santi interessati
e poi c’ero io che attraversavo quell’incubo
affascinato dalla verità del dolore
e c’era lei
una tipa che mi chiede “mi dai un po’di roba ?”
io senza assolutamente prendere in considerazione la cosa
le risposi “e tu me la dai?”
senza assolutamente prendere in considerazione che me la desse
e senza assolutamente prendere in considerazione
neanche lontanamente l’idea di fare sesso
non avevo alcuna voglia di fare sesso
lei neanche
ma lei aveva un perché
io non sapevo perché le avessi risposto così
forse volevo semplicemente infierire sul dolore
bisogna amplificarlo il dolore per non sentirlo
provocarlo
sfidarlo
inferocirlo
fino a quando non vince e ti stordisce
la seguii
il perché neanche lo so
carte di giornale zuppe di merda
e carte di farmacia intrise di sangue
il tappeto della nostra alcova
la puzza per un po’ fu irrespirabile
poi l’eroina salì e la puzza sparì
accendemmo le nostre sigarette
e abbassammo i nostri pantaloni
ci fumammo quella sigaretta fingendo di fare l’amore
poi ci seccammo anche di fingere
lo facevamo perché non c’era un perchè
restammo seduti su quel cesso infetto con me dentro di lei
per un po’non facemmo niente altro che questo
senza dire una parola
poi accendemmo la seconda
sempre rimanendo così
poi anche la seconda finì
di nuovo cominciava ad intuirsi lontanamente la puzza di cesso
il massimo punto della droga prendeva la discesa
ci alzammo pantaloni e maniche prima che la puzza ci prendesse
i nostri aghi cominciarono nervosamente a torturare le vene
le carte da farmacia non tamponavano un cazzo
il sangue colava
lo controllavamo con un occhio
con l’altro non perdevamo di vista l’ago
la bussola che ci desse la direzione
la vena che portasse respiro al cervello
il sangue che schizzò come una festa nella siringa ci diede l’ok
una spinta allo stantuffo
e una spruzzata di profumo nel cervello
di nuovo niente odori
né cattivi né buoni
saremmo perfino rimasti ancora un po’ in quel cesso
ma il maresciallo ci richiamò alle armi a colpi di tosse
ci vestimmo e uscimmo
io dopo di lei
ma non per galanteria
lo confesso
era il cesso delle donne
non era posto per galanterie
non c’era posto per la galanteria
era
TUTTO ESAURITO
c.campajola

Nessun commento:

Posta un commento