Per “farsi“ batteva
faceva pompini per trentamila lire
solo pompini niente di più
e solo per trentamila lire niente di meno.
Lo stretto necessario per un buco, una dose come dicono nei film
ma le sue braccia bucate erano realtà, un’oscena realtà, non la scena di un film
e lei era poco più di una bambina.
Era un brutto periodo per i tossici
le istituzioni che fino ad allora erano state fin troppo generose con noi
ora facevano marcia indietro, dalla generosità tornarono alla vecchia inquisizione
e noi ci ritrovammo con astinenze raddoppiate e soluzioni dimezzate.
Dai recuperi perfino a scelta tra morfina e metadone
tornarono a una distribuzione selvaggia di metadone e basta
senza più pensare a recuperarci né a come avremmo fatto anche semplicemente a vivere.
La scelta della morfina era un’alternativa basata sui nostri impegni giornalieri
che in molti casi con il solo metadone non potevamo rispettare
e non per il metadone in sé
ma per “come davano” il metadone in sé
presso un unico centro e per più comuni
quindi da raggiungere se non eri residente
con distribuzione quotidiana
quindi con migrazioni di tossici ogni santo giorno
e quindi ogni santo giorno
imbarchi e sbarchi da treni presi d’assalto
sempre negli stessi orari
“molto” stabiliti e “molto limitati”
Per cui se al lavoro ci andavi quotidianamente, quotidianamente non potevi andare al centro
quello apriva con calma alla nove, quando tu di solito sei già al lavoro
e chiudeva di fretta alle tredici, quando tu di solito al lavoro ci sei ancora.
In più all’apertura non potevi sperare di sbrigarti
una folla di ragazzi era lì già da un pezzo
e lottava con ogni mezzo a disposizione per avanzare di un solo passo
ognuno nella speranza di essere “servito” per primo.
Insomma se ti andava liscia, per bere la tua dose di metadone che richiedeva un secondo
ci impiegavi un’ora
e nessun impegno ti aspetta tanto, piuttosto si disimpegna di te.
Soprattutto se a giustificarti non hai un buon motivo
e provvedere alla propria tossicodipendenza, non era giudicato un buon motivo
mai
da nessuno.
Per la morfina invece era tutto più semplice
la davano in farmacia e potevi andarci a qualunque ora.
Quella con “l’alternativa” a noi sembrava una legge giusta
almeno ci permetteva una vita sociale e “giustamente” fu abolita
forse non trovarono giusto che un tossico avesse una vita sociale.
Un tossico è condannato a non avere mai alternativa
in nessun caso.
Forse quella legge sembrava giusta solo a noi perché
anche se i motivi erano cambiati
eravamo sempre stati considerati “alternativi”
prima per nostra scelta libera e incondizionata
poi per condizione obbligata e schedata.
Fortunatamente molti medici da giurati di Ippocrate divennero ipocriti giurati
e continuarono tranquillamente e illegalmente a prescriverci morfina
fregando l’ordine dei medici con improbabili patologie
per giustificare le abbondanti prescrizioni
e fregando soldi a noi in cambio delle abbondanti prescrizioni
per farci “soffrire legalmente”
inventandoci patologie tipo nevralgie del trigemino o cose simili.
Medici che pur di curarci ci ammalavano, dei virus dotti
un espediente scientifico ineccepibile, niente da dire, i loro studi si notavano tutti.
Dopo un po’ io e tanti altri ragazzi sui vent’anni eravamo tutti affetti da nevralgia del trigemino
o cose simili.
Un’epidemia improvvisa, che però ci consentiva la nostra giornata
un’epidemia guaritrice per noi, un toccasana per i dotti.
L’unico problema era trovare farmacie disposte a fingere di credere le nostre nevralgie del trigemino
o cose simili. Ne trovai una alla stazione.
Lei alla stazione ci batteva, io scendevo dal treno che “attraverso” la farmacia mi portava alla morfina
e lei era lì, quasi sempre, tranne se impegnata nel suo lavoro o lo aveva da poco finito
in quel caso era a farsi il suo straguadagnato buco in una stuprata e santa pace.
Poi tornava
e se ne stava beata in quello stesso posto, seduta per terra a fumare con la sua sigaretta
fumi polveri di stazione e indifferenza.
Scarabocchiava sempre qualcosa su un pezzo di carta o su qualunque altra cosa
Era strano guardarla.
Quella sua dimensione così distaccata
faceva a cazzotti con tutto il casino che le girava intorno
gente sempre di corsa
frenetica
tesa
chiassosa
rumore di tutto
fischi di treni
carrelli cigolanti
metalli stridenti
sbuffi di vapori
arrivi e partenze
annunci metallici
tutto ciò che al suo contrario aumentava il freddo della mia dimensione
prima della farmacia.
Ma dopo
quando tornavo in stazione ci tornavo nella sua stessa dimensione
scivolavo distaccato in mezzo al casino
e qualche volta capitava che i nostri occhi si incrociavano
come a riconoscersi
allora si poggiavano un momento gli uni sugli altri
come a sostenersi
era un bel momento della giornata quello.
Ma per arrivare a quel momento dovevo prima pensare a come tornare in stazione
con in tasca il mio “diritto” acquisito e sano e salvo
Quella legge sulla droga, con o senza “alternativa, non piaceva agli spacciatori né alla polizia
i primi si poteva capirli, vendevano meno
i poliziotti al solito non li capivamo
s’incazzavano con noi per una cosa che la legge ci consentiva
forse qualche poliziotto che guadagnava meno se guadagnava meno la camorra c’era
ma loro la prendevano più come un fatto gerarchico.
Era già da qualche anno ormai che giocavano con noi a guardie e ladri
ci conoscevano bene e noi li conoscevamo meglio, in più ne conoscevamo anche i cazzotti
e vederci con la droga in mano senza poterci arrestare né almeno picchiare non gli andava proprio giù.
Acquisendo il nostro diritto
“senza volerlo”
ne avevamo tolto uno a loro, quello di maltrattarci sempre e comunque
loro la vedevano così.
Il sistema usato sia dalla camorra che da quei poliziotti per non farci acquisire quel diritto
era di appostarsi fuori le farmacie, aspettare che ci dessero la morfina
e poi aggredirci e prendersela di forza, per romperci felici e contenti tutte le fiale una alla volta
davanti ai nostri occhi disperati e sotto i loro piedi orgogliosi
con noi obbligati ad assistere a quello show fino alla fine
a meno che non volessimo ricordarci dei loro cazzotti.
Loro sembravano divertirsi, noi potevamo esplodere da un momento all’altro.
Ingoiare rabbia brucia maledettamente e trattenerla brucia ancora di più
nel vuoto perenne che avevamo nello stomaco si scatenava un inferno
ma ci aspettava anche una giornata infernale da ri-cominciare
e non avevamo tempo per altri inferni né per altri dolori, non avevamo tempo per niente
avevamo il nostro principale dolore da quietare.
Sembra strano ma in un tossico, nelle situazioni più disparate l’ultima cosa che si offusca è il cervello
e il cervello a un tossico gli dice sempre la stessa cosa: “devi inventarti i soldi e devi far presto”.
Nelle situazioni più disparate un tossico è sempre in una situazione disperata.
Così prima di avvicinarmi alla farmacia ero costretto ad appostare gli appostati
sarà per cose del genere che nascono le barzellette sui carabinieri.
Io ero alle prese con la mia morfina, lei con la sua eroina
non eravamo i soli a essere lì, decine di ragazzi al minuto venivano a bucarsi in quel posto
era un sottopassaggio chiuso e ormai in disuso, era perfetto per noi
un confine tra convivenza connivenza e appartenenza con la schiena coperta e sicura
non certo “un civile stare insieme” come cantava Gaber, né tanto meno “un insieme casuale di persone”.
Mi propose di mescolare le nostre droghe, sciogliere l’eroina nella morfina
le risposi che ci sarebbe voluto un posto più appartato
era un’operazione che richiedeva tempo e tranquillità
ce l’aveva un posto, una stanza in un cesso d’albergo
era un po’ distante ma tranquillo
così mi disse.
Allora facciamoci prima una pera
così le dissi
Più che una stanza sembrava una topaia di qualche strano paradiso
c’erano angeli sparsi ovunque, ecco cosa scarabocchiava.
Erano su qualunque cosa, di qualunque forma, materiale o colore
quelli più grandi erano alle pareti, attaccati con aghi da siringa usati in precedenza
pensai al famoso “utile e dilettevole”.
Sembravano immaginette sacre di scarto
o scarti di sacri “imperfetti”
angeli con facce da stazione e dei suoi abitanti clandestini, gli stranieri di ogni terra
barboni, pazzi e tossici, borseggiatori e mendicanti
masse di barbe e capelli grigi anche se bianchi, facce grigie anche se giovani
travestiti, lupi e puttane, qualunque luogo e qualunque razza
origini troppo lontane per ricordare, dimenticate o da dimenticare
come il loro vivere, dimenticato o “per” dimenticare, persone in fuga e quelle “arrivate”
tutti con le ali.
Era un bell’idea, mi piaceva l’immagine degli angeli da strada
e poi, non erano certo capolavori ma in stazione vendevano di peggio
piazzarne trenta a mille lire era fattibile
avrebbe solo dovuto disegnarli su fogli più adatti e qualche pompino l’avrebbe evitato.
Le chiesi perché non lo facesse, le servivano a proteggerla mi rispose
ogni angelo venduto sarebbe stato un protettore in meno nella sua giornata
da passare tra “guardie e ladri” e “protettori e puttane”
mentre un pompino, in più o in meno, non le cambiava un cazzo.
Ecco perché batteva alla stazione, fuori nel “basso delle strade” regnavano loro
i commercianti di carne umana.
Mi piaceva quella sua saggezza spietata ma distaccata.
Mi raccontò il perché dei “solo pompini”
li preferiva all’essere ansimata addosso mi disse.
Dopo qualche anno
quando i conati di vomito da astinenza non sarebbe più riuscita a trattenerli
avrebbe preferito il contrario
ma allora ancora non lo sapeva.
Mi raccontò anche di come era finita a vivere per strada
in quegli anni si era fondato un gruppo di cittadine
“le mamme coraggio” si chiamarono,
affrontavano il sempiterno “problema droga” con molta severità
per salvare i figli dalla droga li sbattevano fuori di casa “così imparano”.
Di quel gruppo di madri, così fiero e severo,
l’unico gesto passato alla storia è stato questo: sbattere i figli per strada
non ci sono tracce di altre loro gesta nella “sempiterna lotta alla droga”
Guardai il volto della ragazza
mentre le sue mani non smettevano di disegnare
e pensai a sua madre
mi domandai quanto cazzo di coraggio ci volesse
per abbandonare un figlio in mezzo ai lupi
gli stessi lupi non lo fanno
ma forse perciò si chiamavano mamme coraggio.
Li ripetemmo quei momenti, quando potevamo
non condizionavano la nostra condizione e in più riscaldavano le nostre ferite
di nuovo l’utile e il dilettevole
continuavamo a ferirci ma dividendo in due il dolore, erano come momenti di tregua.
Ma dopo qualche tempo oltre alla tregua dell’alternativa
finì anche la tregua dell’alternativa all’alternativa
sempre meno farmacisti credevano alle nostre finte patologie
molti dotti finirono sotto inchiesta e noi tutti finimmo di nuovo in strada
senza alternative, né legali, né “legalizzate”.
Non ci incontrammo più, passarono anni che sembrarono secoli
poi un mattino con trenta chili in meno e una decina di anni in più
mi svegliai senza ricordi e senza alternative in una comunità di recupero.
Ero una larva, manco gli operatori sapevano da dove iniziare “il recupero”
così iniziarono non iniziando ma lasciando me a smaltire fino alla fine trent’anni di droghe
inclusi una decina con alcol e psicofarmaci, da solo e senza “alternative” per poi dopo iniziare il recupero.
Non fu una passeggiata.
Era una maledetta pasqua
avevo già smaltito da un po’, ero quindi obbligato alla vita comunitaria
non avevo più l’alternativa dell’astinenza per giustificare una mia assenza
in quel posto la mia alternativa aveva cambiato prospettiva.
Avevano organizzato una di quelle cose strazianti che però si fanno solo di tanto in tanto
come fossero gite turistiche o pellegrinaggi
portare un ovetto di pasqua ai malati terminali di aids
“così avremmo visto con i nostri occhi” dissero gli operatori
e “avremmo imparato” pensai
ricordando gli insegnamenti delle “mamme coraggio”
Cercai di oppormi
spiegai che sarei stato male, che non si trattava di “insubordinazione”
niente, decisero che come tossico più tossico degli altri rappresentavo la vittoria della comunità.
Cazzo contavano su di me per una vittoria che io non mi sarei mai nemmeno giocato
la vita comunitaria a volte ricorda un po’ quella militare.
Conoscevo quell’ospedale
tutti i tossici attraverso epatiti o altro prima o poi passano per reparti di malattie infettive
e negli anni generosi di alternative quelle corsie erano diventate vere e proprie spacci per spacciare
con tanto di consegne a domicilio fin dentro i letti e a orari di visita stabiliti
“con” gli spacciatori ovviamente.
Quelli dell’ospedale erano molto flessibili e ancora più malleabili
bastavano pochi soldi per comprarti una loro distrazione.
Era cambiato tutto, già dall’atmosfera si avvertiva meno alternativa
al reparto “tossici” c’erano ingressi blindati, come quelli delle banche
e vigilanti a sorvegliare, come quelli delle banche.
Le istituzioni a volte ricordano i tossici, non conoscono mezze misure.
Ma all’interno del reparto non era cambiato niente anzi era peggiorato tutto
e il tutto che c’era stato in quel posto, era stato soltanto un po’ d’umanità
adesso era sparito anche quello
gli infermieri, ormai disincantati si avvicinavano ai pazienti solo “in orari da farmaci”
regnava abbandono sopra e linoleum tirato a lucido sotto
in mezzo
quello che secondo i nostri operatori ci avrebbe fatto bene
un girone infernale ma nella vita reale.
Quelli che morivano
quelli che s’aggrappavano alla nostra visita
e ci stringevano le mani con tutta la vita che gli era rimasta
quelli che ancora non si arrendevano
e cercavano di spillarci soldi come “da regolamento”
quelli stravaccati sui letti con la siringa ancora “calda” sul comodino
e quelli che non avrei mai riconosciuto se loro non avessero riconosciuto me.
Come quei tre ragazzi conosciuti in tre diverse occasioni ma sempre per la stessa situazione
e come lei
la ragazza degli angeli da stazione.
Tanta popolarità anche in quel posto, malgrado tutto strappò una risata
Ed era così che mi sentivo: una vecchia puttana al capezzale di una puttana più giovane
che non vedeva giustizia in quel letto.
Fu il quarto cazzotto nello stomaco in neanche mezz’ora
quello del ko
Parevano esserle rimasti solo gli occhi, tutto il resto erano rovine
le abbracciai con accortezza
lei mi prese la mano e mi mostrò la sua stanza
sembrava casa sua, un letto e decine di angeli attorno.
Continuò a parlarmi ancora ma io non la ascoltavo più
non sentivo più niente
solo un vociare ovattato e il mio respiro soffocato.
Quella cazzo di visita mi fece davvero bene
talmente bene che per me fu la volta buona
per lei invece non c’era più alternativa.
Sembrano passati secoli anche da allora
a volte ho la sensazione di avere vissuto più vite in una sola
di lei non avevo più saputo niente
fino a oggi
poi oggi lei è morta
e l’ho saputo
le cattive notizie hanno corsie preferenziali
trovano sempre il modo per trovarti.
Ho cercato di prendermi per culo
mi son detto che in fondo per me era già morta
ma non mi sono creduto
ho ingoiato ancora amaro e ho acceso la tv.
C’è un politico che sbraita, cazzo se è incazzato, è indignato col capo del governo
lui è dell’opposizione, è talmente indignato
da esortare noi cittadini a scendere in strada per cacciar via il “tiranno dittator”
mi domando lui fino a “questo punto” che cazzo ha fatto “per arrivare” a questo punto
mentre noi cittadini gli pagavamo lo stipendio (le virgolette nascono spontanee)
poi finisce il suo indignato urlare e se ne va
come a dire, “e dovete pure continuare a pagarla voi la mia incompetenza”.
Non capisco
se il suo sbraitare fosse stato seguito da una rinuncia a persona “eletta”
e fosse sceso per strada insieme con i cittadini allora forse un senso ci sarebbe stato
ma così quel figlio di puttana ci prende per culo!
Non c’è alternativa
Poi è la volta di un magistrato, questo ci informa dati alla mano
sul potere guadagnato dalla delinquenza negli ultimi anni
anche lui però non ci dice negli ultimi anni che cazzo ha fatto la giustizia
e non è certo lui il colpevole di questa situazione
però non dà spiegazioni, e già questo potrebbe essere una spiegazione
che però non giustifica la sua esortazione
non puoi dirmi che hai bisogno di me
per una cosa che tocca a te
senza neanche dirmi il perché
e che cazzo!
Niente da fare, anche nella giustizia qualche volta non c’è alternativa
forse è per questo che oggi un Angelo è morto ingiustamente.
Spengo la tv.
Mi sento senza alternative
e pensare che io stesso ero considerato come un’ “alternativa”
un alternativo senza alternative.
Sorrido, malgrado tutto.
Ma la cosa che più mi fa incazzare è che a secoli di distanza
ancora oggi, in questi giorni senza alternativa
in cui non vedo più differenza tra giustizia e ingiustizia
tra regola e eccezione
tra santi e peccatori
tra pecore e lupi
in cui mi tengo alla larga dal mondo per evitare guai
il mondo "anche" per questo continua a definirmi uno “alternativo”.
Vaffanculo mondo
Spero ti arrivino queste mie bestemmie Angelo da stazione
conservami nel tuo strambo paradiso
e mentre disegni
lascia la porta socchiusa
c.campajola
Bravo sto tipo....voglio la fotooooo genietto!!!!!....:)))
RispondiEliminaGrande Ciro tesoro mio! Questa è dura, splendida e ruvida... L'avevo già letta, ma quello che scrivi non stanca mai! La foto del genietto è il tatuaggio che ha sulla schiena!
RispondiElimina